Dopo 15 fumate nere consecutive, alla fine, domani, la situazione dei due giudici da mandare alla Consulta potrebbe anche sbloccarsi. E il Parlamento riunito in seduta comune potrebbe convergere sul nuovo «ticket»: Luciano Violante-Ignazio Francesco Caramazza, avvocato generale dello Stato. Almeno questa è l’indicazione di voto che è arrivata in serata ai parlamentari di Pd, Forza Italia e Ncd via sms.

Dopo il passo indietro di ieri di Donato Bruno, che ha rimesso la sua candidatura nelle mani di Berlusconi, il capitolo dei due giudici da eleggere per la Corte Costituzionale potrebbe dunque chiudersi con una fumata bianca. Anche se il condizionale in questi casi è d’obbligo visto che, subito dopo la comunicazione ufficiale del nuovo candidato, in Forza Italia non sono mancati i malumori. Diversi «azzurri» infatti, conversando con i cronisti hanno sottolineato che si tratta di «una persona di 77 anni» che «non può essere messa in contrapposizione, da un punto di vista di peso politico, con una personalità forte come quella di Violante». Del resto, si osserva nel resto della maggioranza, «visto quello che è successo con Catricalà meglio andare coi piedi di piombo». Il riferimento è all’altro candidato proposto da Letta per la Corte, Antonio Catricalà, che ha preferito fare un passo indietro quando ha visto che le Camere non riuscivano ad assicurare il quorum richiesto per diventare giudice costituzionale.

In attesa di capire come andrà a finire davvero domani, si apprende che probabilmente la comunicazione ufficiale, che i Dem si aspettavano da Berlusconi sul fatto che Bruno non fosse più il candidato di FI per la Consulta, sarebbe arrivata in una telefonata diretta tra Renzi e il Cav. Chiamata che però da Palazzo Chigi smentiscono.

Ma nelle telefonate e nei contatti che si sono seguiti pressoché continui per tutto il giorno tra Pd, FI e Ncd di nomi di possibili candidati ne sono circolati parecchi: quello del costituzionalista Beniamino Caravita di Toritto, del presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Francesco Paolo Sisto, del presidente della commissione Giustizia del Senato, Francesco Nitto Palma e del professore di Diritto Pubblico comparato Giuseppe De Vergottini. Tutti, comunque, sono stati molto attenti a vagliare con attenzione nome e requisiti del candidato anche perchè, come si sottolinea nel Pd, bisogna evitare «brutte figure» come quella che si è fatta con il Csm «eleggendo persone che non hanno titoli né chance di entrare».

E quella del Csm, invece, è una vicenda destinata a restare aperta ancora per un po’ visto che le presidenze della Camere alla fine hanno scelto di non far votare domani sul sostituto da mandare a Palazzo dei Marescialli al posto di Teresa Bene la cui elezione non è stata convalidata per mancanza dei titoli necessari. Nonostante fosse arrivato oggi dal Quirinale l’invito al Parlamento ad adempiere a tale obbligo. «Molto probabilmente - si osserva tra i Dem - si vorranno far calmare le acque prima del voto visto che Teresa Bene ha annunciato l’intenzione di presentare ricorsi da tutte le parti» per «difendere i propri diritti», come annunciato del resto anche ieri dalla diretta interessata.

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