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Sinistra Pd contro Renzi: 'Vicino ai poteri forti'

Non c'è riforma più di sinistra del Jobs Act, Pd partito plurale

 Sul lavoro è ormai scontro aperto, fuori e dentro il 'palazzo'; ma le polemiche non scalfiscono Matteo Renzi che tira dritto e punta ad approvare il Jobs Act in tempi brevissimi. Il premier scrive una lettera a Repubblica nella quale ai suoi critici dice "basta agli esami del sangue" e marca il campo, "rivendicando l'appartenenza" del suo Pd "alla sinistra": un partito - spiega - che sta "dalla parte dei più deboli, della speranza e della fiducia". D'altronde per il premier, "se si entra nel merito del Jobs Act, è evidente che non c'è riforma più di sinistra". Non la pensa così, evidentemente, chi lo attacca dentro lo stesso Pd. Nel partito la lettera al quotidiano romano suscita la reazione della minoranza che al segretario contesta l'intera linea politica, puntando il dito proprio contro l'abolizione dell'articolo 18 e la riforma del lavoro.

Stefano Fassina, confermando che non ha alcuna intenzione di votare il Jobs Act a Montecitorio, replica al premier senza mezzi termini: "Questo Pd - dice ai microfoni del Gr1 Rai - mi preoccupa perché è sempre più in linea con gli interessi più forti e meno vicino agli interessi e alle domande delle persone che cercano lavoro e che sono precarie". E su facebook, poco dopo, rincara la dose: "L'obiettivo vero raggiunto è la libertà di licenziamento così cara al premier". Alle sue parole di uniscono quelle di Gianni Cuperlo: "Così come è, il Jobs act non lo posso votare - sottolinea - Aspetti positivi ci sono ma ci sono anche aspetti critici sui quali il dissenso, la differenza di giudizio è profonda e ha a fare con delle convinzioni che riguardano l'idea che almeno io ho del mercato del lavoro e dei diritti e della dignità della persona".


Renzi auspica che l'ok della Camera al Jobs Act arrivi la prossima settimana in modo che il provvedimento possa essere in vigore già da gennaio: l'obiettivo è attirare gli investimenti e rilanciare l'economia per tirare il Paese fuori dalla crisi. Ma l'avvicinarsi della data per la "riforma del lavoro" fa saltare i nervi a molti dei protagonisti del dibattito politico.
Maurizio Landini si è scusato per la "cavolata" - così il leader della Fiom ha definito le sue parole di venerdì quando ha detto che "chi è onesto non appoggia il governo" - ma ribadisce la completa bocciatura della politica dell'esecutivo per il mondo del lavoro. La riforma piace, invece, al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che esprime "un giudizio positivo sulla capacità di analisi del Governo che ha fatto un quadro preciso dei problemi strutturali del Paese". Renzi incassa anche il sostegno della maggioranza Pd. Il senatore Francesco Verducci replica a Cuperlo e Fassina: "Non votano il Jobs act? C'è chi lavora per unire il Pd e chi per dividerlo".


Il presidente del Consiglio si trova davanti però un altro nodo da sciogliere: Forza Italia minaccia di tirarsi indietro sulla legge elettorale. L'abbassamento delle soglie di sbarramento di cui si è parlato nei giorni scorsi non va giù al partito di Silvio Berlusconi che teme un "colpo di mano peronista che manda a ramengo il Nazareno" e, soprattutto, prepari la strada ad elezioni anticipate.

 

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