Politica

Consulta, Il Pd archivia Violante: “Stallo colpa anche nostra”. Fi, summit sul candidato

Il premier: “Camere bloccate e noi siamo corresponsabili”. Tesauro: “Fare presto”. Ma il nuovo voto non è ancora fissato

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ROMA. Andare oltre Violante per superare lo stallo della Consulta. Per evitare, come dice Matteo Renzi, di essere ancora "corresponsabili" di un ritardo nella nomina dei due giudici costituzionali di nomina parlamentare che ormai ha superato i 115 giorni. Il premier apprezza Napolitano, che "ha sfidato le Camere in una situazione di stallo", per la scelta dei sostituti del presidente Giuseppe Tesauro e di Sabino Cassese con 22 giorni di anticipo rispetto alla naturale scadenza del 9 novembre. Ma adesso tocca alla politica darsi una scossa. Il segretario del Pd ci metterà del suo (finora era stato descritto come "assente" dalla partita della Corte) e domani vedrà i capogruppo di Senato e Camera Luigi Zanda e Roberto Speranza. Ma nelle sue parole, pronunciate durante la direzione Pd, i suoi già vedono un’archiviazione della candidatura di Luciano Violante, l’ex presidente della Camera che ha sfiorato i 550 voti, senza raggiungere il quorum richiesto di 570. Forza Italia accusa il Pd di non votarlo in modo compatto. Il Pd di rimando accusa Forza Italia di non aver mai fatto cadere le preclusioni contro di lui in quanto ex capo del partito dei giudici.
La partita per la Corte riparte daccapo. Mentre l’attuale presidente Tesauro ripete ancora quanto ha già detto una settimana fa, invitando il Parlamento a fare "una buona riflessione, magari un po’ più rapida di quanto è stato programmato". Ma proprio i tempi potrebbero essere non come li auspica Tesauro. Intanto un dato, è improbabile che la presidente della Camera Laura Boldrini convochi una seduta in settimana. Il presidente del Senato Piero Grasso torna giovedì mattina da un viaggio di rappresentanza in Argentina e sconsiglia, via filo, altre votazioni a oltranza che finiscano con un nulla di fatto. Si risolvono in un danno. È realistico pensare che la seduta "buona" si possa tenere la prossima settimana, magari martedì, a candidati già individuati e con buone chance di riuscita.

Oggi Berlusconi, di nuovo a Roma, potrebbe indicare un nuovo nome per la Corte, anche se il gruppo parlamentare aveva deciso che la scelta era di sua competenza, soprattutto dopo i flop di nomi giunti da palazzo Grazioli, come l’ex Antitrust Antonio Catricalà e l’ex avvocato generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza. Sarà la volta del costituzionalista Giovanni Guzzetta, sponsorizzato dal capogruppo Renato Brunetta, di cui è stato capo di gabinetto quando era alla Funzione pubblica? Oppure di Francesco Paolo Sisto, il presidente della commissione Affari costituzionali, avvocato barese vicino a Raffaele Fitto? È più probabile che possa toccare a un outsider. Ma Berlusconi deve fare i conti con un gruppo frastagliato che rivendica la sua indipendenza. Dice Brunetta: «Chapeau a Napolitano che da solo ha scelto i suoi giudici, ma qui bisogna mettere d’accordo 950 persone".

Non si respira aria migliore nel Pd. Dove superare la candidatura di Violante sta comportando più di una preoccupazione. Innanzitutto lo sgarbo di sostituire un esponente di spicco del partito, tra i saggi del Quirinale, ex responsabile per le Riforme. Ma ostinarsi sul suo nome rischia ormai di far portare al Pd «la responsabilità» della mancata elezione dei giudici. Lo sanno bene Zanda e Speranza, che però temono la reazione di chi ha sostenuto Violante contro qualsiasi altro candidato per la Corte. Un tecnico puro, a questo punto. Il nome che ricorre con maggiore insistenza è quello del costituzionalista della Sapienza Massimo Luciani, che nella sua veste di avvocato è un volto già molto noto nelle stanze della Consulta. Non resta che superare gli indugi e parlare con Forza Italia augurandosi che abbia e voti un nuovo nome.
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