Milano, 18 dicembre 2014 - 07:36

Così un pigiama e una bicicletta hanno ribaltato due assoluzioni

Riprodotto l’ambiente calpestato da Alberto: «Impossibile non sporcarsi le scarpe»

di Giusi Fasano

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MILANO - La chiamano «doppia conforme». Che in giuridichese significa due assoluzioni. Ecco. Dopo una «doppia conforme» è difficile, molto difficile, ribaltare il verdetto. E invece è successo. Dopo aver imboccato per due volte la strada della salvezza, Alberto Stasi stavolta ha davanti a sé un orizzonte nero. Diventato sempre più scuro man mano che cresceva il numero delle udienze di questo processo d’appello bis. Il procuratore generale Laura Barbaini e la parte civile hanno praticamente ricominciato tutto daccapo. Dall’analisi della scena del delitto, alle nuove perizie sulla camminata di Alberto all’interno della villetta di Chiara. E anche se sono passati sette anni da quel 13 agosto 2007, più di una volta è stato come se le indagini fossero partite adesso. Per quello che hanno scoperto e per gli approfondimenti che hanno dato risultati diversi da quelli precedenti.

La camminata

La camminata, l’indizio più potente. Le consulenze precedenti avevano sempre offerto una «via d’uscita» ad Alberto: come aveva sostenuto la sua difesa, magari si era anche sporcato le scarpe camminando sul pavimento sporco di sangue, ma aveva poi rilasciato quelle macchie usandole per ore prima di consegnarle ai carabinieri. Nel processo che si è concluso ieri c’è stata però una differenza fondamentale: il perito ha riprodotto l’ambiente calpestato da Alberto compresi i due gradini della scala che porta in cantina, dove Chiara è stata trovata morta. Su quei gradini c’era molto sangue. Ovvio che la prova ha dato risultati meno favorevoli all’imputato. Praticamente impossibile non sporcarsi le scarpe, a questo punto. Tanto più che stavolta gli esperimenti sono stati condotti anche sui tappetini della macchina. Tutti positivi al test della ricerca del sangue perché Alberto ci ha messo i piedi sopra appena uscito dalla villetta di Garlasco, quindi senza aver usato le scarpe e senza avere possibilità di rilasciare le macchie ematiche prima di consegnarle agli inquirenti.

Il corpo sulle scale

Nel motivare la sentenza i giudici potrebbero seguire il ragionamento della parte civile. E cioè: Alberto ha ucciso Chiara in prima mattinata e poi ha finto di ritrovarla morta ma quando ha dato l’allarme non è entrato in casa. Ed è per questo che aveva le scarpe pulite e che ricordava Chiara con la faccia bianca: perché l’ha vista l’ultima volta buttandola giù dalle scale e non dopo, quando il volto non era bianco perché il sangue era colato sul viso.

La bicicletta

Sulla scena di questo delitto c’è la famosa «bicicletta nera da donna» vista da una testimone davanti alla casa di Chiara quel 13 agosto 2007. Nell’appello bis il colpo di scena: Gian Luigi Tizzoni, l’avvocato della famiglia Poggi, scopre che c’è qualcosa che non quadra sui pedali delle biciclette di Alberto. Quella nera da donna li ha tutti e due puliti, su uno di quella bordeaux sequestrata subito dopo il delitto c’è invece Dna di Chiara. Tizzoni ipotizza uno scambio. Nel dibattimento l’attenzione si sposta soltanto sulla bici bordeaux. Tutti testimoni e i documenti confermano: la bicicletta bordeaux ha pedali che non sono quelli originali. Quindi l’ipotesi d’accusa è che qualcuno abbia smontato da un’altra bicicletta i pedali sporchi del Dna di Chiara per rimontarli su una bici che in quei giorni, subito dopo il delitto, non era sott’accusa perché non «nera da donna» come aveva rivelato la testimone.

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Le fotografie

In questo processo la dottoressa Barbaini ha passato molte ore a guardare e riguardare verbali di sequestro e fotografie. Documenti perduti in una mole impressionante di altre carte ma che hanno rivelato nuovi indizi. Per esempio una delle foto di Chiara sulla scala. Il procuratore generale ha notato l’impronta di una mano insanguinata sul pigiama rosa della ragazza, mai vista da nessuno. E ha avuto la certezza che l’assassino si sia lavato le mani in bagno dove, sul portasapone, sono state trovati sia il Dna di Chiara sia le impronte di Alberto.

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