Il governo incassa la fiducia sul decreto enti locali blindando così anche la manovra sulla sanità, che vale più di 2,3 miliardi l’anno. Il via libera dell’Aula è arrivato con 163 sì, 111 no e nessun astenuto. Il provvedimento passa ora alla Camera per l’ok definitivo. L’obiettivo di Renzi è quello di convertire il testo prima della sua scadenza (18 agosto).

LA CONTA

Ieri le numerose assenze avevano fatto mancare per ben 4 volte il numero legale in Aula a Palazzo Madama. Oggi, però, i senatori della maggioranza erano in larga parte presenti, a cominciare da quelli di Area Popolare (ieri ne mancavano 19 su 36). Compatto il voto favorevole della minoranza Pd a un provvedimento che, ha spiegato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, contiene «molte misure attese dai Comuni».

I CONTENUTI

Il decreto enti locali era nato per sistemare una serie di partite economiche che interessavano i Comuni (mobilità del personale delle Province e polizia provinciale, allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, 2 miliardi in più per pagare gli arretrati della Pa, 530 milioni di compensazioni Imu-Tasi). Poi al Senato il governo l’ha infarcito di altre misure, tant’è che in molti dall’opposizione ne hanno contestato la costituzionalità. Si va dalle norme sugli incarichi a tempo per far funzionare le agenzie fiscali a nuovi fondi per le città metropolitane di Roma e Torino, a interventi per la valorizzare Pompei.

IL MENU DELLA SANITA’

Il pacchetto più corposo di novità riguarda però la sanità. In tutto nove commi che larga in parte danno attuazione al Patto della salute siglato con le Regioni pochi giorni fa e che servono a dare una spinta aggiuntiva alla manovra di riduzione degli sprechi. In totale tra il 2015 ed il 2017 il governo conta di recuperare oltre 7 miliardi di euro: 2352 milioni sul 2015, 2301 nel 2016 e 2431 nel 2017. La parte più importante di questi risparmi arriverà dalla rinegoziazione dei contratti relativi a beni e servizi per i quali si immagina un taglio del 5% senza peraltro rivedere la durata dei contratti. Risparmi che però, secondo il Servizio Bilancio del Senato, difficilmente potranno essere conseguiti a pieno quest’anno a causa del poco tempo a disposizione per negoziare.

BOSCHI: TUTTO CONCORDATO CON LE REGIONI

Mentre il ministro della Salute Lorenzin continua a ripetere che questi risparmi continueranno a restare all’interno del sistema sanitario per consentire nuovi investimenti, dalle Regioni arrivano altolà rispetto ad ogni ipotesi di ulteriori tagli. «Se si prosegue così salta il sistema della universalità della sanità pubblica e tutte le Regioni andranno in Piano di rientro» ha denunciato ieri il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità il veneto Luca Coletto. «Si possono fare sacrifici, ma vi sia equità», chiede il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Bordate dai governatori leghisti. Per Maroni «i tagli sono una dichiarazione guerra inaccettabile». Per Zaia «vengono puniti i virtuosi». Arriva la replica del ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi: «Gli elementi recepiti sono quelli concordati con le Regioni in sede di conferenza unificata Stato-Regioni con l’unanimità delle Regioni presenti».

RISCHIO MULTE PER I MEDICI TROPPO GENEROSI CON LE ANALISI

La legge interverrà anche sulle prestazioni relative all’assistenza specialistica ambulatoriale (177 milioni l’anno) , individuando precise condizioni per la loro erogazione e stabilendo che i medici che non rispetteranno le nuove indicazioni si vedranno decurtato parte dello stipendio. Con queste norme il governo conta di risparmiare circa 195 milioni di euro. I tagli alla spesa farmaceutica comportano risparmi per 308 milioni all’anno. Mentre intervenendo sui regolamenti ospedalieri se ne recuperano altri 210: 12 i per effetto dell’azzeramento dei ricoveri nelle strutture private con meno di 40 posti letto, 68 dalla riduzione della spesa di personale e 130 in seguito alla riorganizzazione della rete assistenziale.

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