Hanno 15, 16, massimo 17 anni, e non sembrano appartenere a un ambiente particolarmente degradato, i ragazzi le cui storie desolanti emergono dall’ inchiesta dei carabinieri di Brescia che ha portato in carcere undici loro clienti, mentre un dodicesimo non è ancora stato trovato.

Tra i clienti posti ai domiciliari tra la Lombardia e l’ Emilia con l’accusa di prostituzione minorile, mentre il pm Ambrogio Cassiani aveva chiesto per loro il carcere, piccoli imprenditori, un sacerdote, un agente della Polizia locale e un allenatore di una squadra giovanile di calcio. Tra le persone indagate nell’inchiesta della Procura di Brescia vi è anche, secondo quanto si è appreso, un personaggio televisivo lombardo che si è occupato in passato di trasmissioni osé. L’uomo è anche noto per essere un commentatore sportivo su emittenti locali.

Gli investigatori hanno sequestrato computer e cellulari per verificare che non vi siano contenute immagini a sfondo pedopornografico o di altre loro vittime. Del resto, uno degli arrestati, Claudio Tonoli, 56 anni, che era già stato fermato nelle settimane scorse perché, ammalato di Hiv, cercava rapporti non protetti con minori, era già finito nei guai anni fa per aver mostrato a un tredicenne immagini pedoporno.

Ed è dalle chat e dagli sms che i ragazzi si scambiavano con gli adulti che emerge un vaso di Pandora di sconfinato squallore, scoperchiato dalla madre di uno dei ragazzi la quale si era accorta di messaggi di tenore sessuale sul telefonino del figlio. Con altri quattro amici aveva cominciato a frequentare un sito per incontri, fingendosi maggiorenne «per fare un po’ di soldi con i gay». Dapprima, una volta incontrato il cliente, prendevano i soldi e scappavano. Poi, però, gli incontri, nei parcheggi di supermercati, ma anche nei pressi di cimiteri, si erano intensificati e non era più stato così. Accadeva con «Città Alta», così si faceva chiamare uno degli arrestati, con «il gay famoso» che regalava catenine dell’Inter, con Billy, l’agente della Polizia locale, e con «Marco».

«Marco» era don Diego Rota, parroco a Solza, che la Curia di Bergamo ha sostituito con un amministratore parrocchiale, manifestando la propria «vicinanza a coloro che stanno soffrendo per questa vicenda senza dimenticare nessuno», mentre la stessa Curia vuole «con tutto il cuore che la verità e la giustizia si affermino». Dalle indagini dei militari bresciani, è emerso che il sacerdote, lo scorso 10 settembre, a due ragazzi aveva regalato altrettanti telefoni cellulari che costavano complessivamente 399 euro. Nel corso di uno scambio di sms intercettato un minore chiedeva al sacerdote, che girava a bordo di un vistoso Suv scuro: «Ma quante volte lo dobbiamo ancora fare gratis?». Don Diego Rota rispondeva: «Abbiamo appena cominciato, ce ne hai per 15 volte su 20 pattuite. Se fai meglio e se non mi bidoni sempre potrei scontarne qualcuna».

Si spacciavano per maggiorenni sul sito i quattro ragazzi, ma a nessuno dei clienti, prima degli incontri, nascondevano mai quanti anni avevano effettivamente. «Ai propri interlocutori non mentivano mai sulla loro reale età, del resto direttamente percepibile al momento degli incontri» scrive infatti il gip Alessandra Sabatucci che, parlando delle esigenze cautelari, spiega che «la natura stessa del reato evidenzia come le pulsioni degli indagati prevalgano su qualsivoglia elementare considerazione in merito alle nocive conseguenze psichiche e fisiche indotte nelle loro giovani vittime».

I commenti dei lettori