29 maggio 2020 - 12:47

Com’è il nuovo album di Lady Gaga, «Chromatica»

La popstar pubblica il nuovo disco: «Torno a fare un disco dance, la pista è mia, me la sono guadagnata»

di Andrea Laffranchi

Com'è il nuovo album di Lady Gaga, «Chromatica»
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è voglia di ballare. Anche chi normalmente storce il naso all’idea, dopo mesi di isolamento quattro salti probabilmente se li farebbe volentieri. Discoteche, club, balere. Tutto chiuso fino a quando chissà. Farà anche strano in epoca di distanziamento sociale, ma a riempire il vuoto ci prova «Chromatica», il nuovo album di Lady Gaga uscito ieri dopo un rinvio causa emergenza Covid.

Un altro cambiamento: torna pop

La popstar cambia ancora. Dopo il flop del 2013 con «Artpop», il primo disco dopo che era diventata un fenomeno globale, Gaga ha attraversato il deserto. Prima un album di classici con Tony Bennet, l’ultimo dei crooner di prima generazione. Tre anni dopo la ricerca di suoni meno sintetici con «Joanne». Quindi la versione romantico-country delle ballad di «A Star Is Born», con tanto di Oscar per la miglior canzone. Una nuova reincarnazione durante il lockdown: l’ambasciatrice di One World Together, il Live Aid digitale per l’emergenza coronavirus, che da un lato ha coinvolto i colleghi e dall’altro ha trattato con i capi di Stato e le grandi aziende, in look da manager e occhialino nero.

Con «Chromatica» cambia ancora. Sulla cover torna la Lady Gaga eccessiva: una nuvola di capelli rosa e un costume metal-medievale. La pop-dance riprende il centro della visione. «Torno a fare un disco dance. Questa pista è mia, me la sono guadagnata», ha raccontato nei giorni scorsi in un’intervista con il deejay Zane Lowe per Apple Music.

Tutte canzoni da ballare

La produzione musicale, coordinata da BloodPop® e che vede tra gli altri anche un re della edm come Axwell, un hit maker da miliardi di vendite come Max Martin e un deejay come Skrillex, le ha cucito addosso un mondo tutto da ballare: cassa dritta, synth e batterie elettroniche. Senza nemmeno una ballad per prendere fiato. Viene spesso da pensare a Madonna («Babylon» richiama fin troppo «Vogue») con la differenza che se lei alzava una mano dettava una moda e tutti a seguirla, mentre Gaga, dopo aver riscritto le regole del pop con i primi due album, non è riuscita a prendere il bastone del comando. Sembra sempre che le sovrastrutture che crea attorno alla musica finiscano per farle perdere il focus sulle canzoni. Nonostante i 43 minuti di durata, roba da epoca pre-cd, l’ascolto risulta faticoso. Nelle 16 tracce (sono compresi 3 interludi orchestrali che staccano completamente con le atmosfere del resto) non c’è quella che ti fa girare la testa.

Il disco si apre con la strumentale «Chromatica I» con l’orchestra che ci fa immaginare un disco che andrà invece da tutt’altra parte. Lo spunto di «Alice» è l’abusato Lewis Carroll e miss Germanotta ci racconta di quanto si senta cadere in un buco nero. Se il tema «Stupid Love» è banalotto, l’amore senza troppe domande, al video la popstar attribuisce un valore universale: basta con le divisioni. «Blu e rosso litigano. Potrebbe essere un’analisi politica. Vedo il mondo diviso e questo crea un clima teso e molto estremista».

Le collaborazioni: Ariana Grande, Elton John e le BABYPINK

Se non ci fossero lei e Ariana Grande, di «Rain on Me» non si parlerebbe nemmeno: scivola via senza lasciare il segno. Collaborazioni anche con le coreane BABYPINK in «Sour Candy» e un Elton John un po’ spaesato in «Sine from Above». Il sentirsi donna libera di «Free Woman» ha delle radici profonde e dolorose e personali. «In genere voglio che le cose siano genderless, ma in questo caso ho voluto fare riferimento al mio genere perché sono stata violentata da un produttore. Questo ha complicato il mio modo di vedere la vita, il mondo, l’industria musicale, i compromessi da affrontare per arrivare dove sono arrivata. E quando finalmente ho potuto festeggiare è stato come dire che non mi dovevo più definire una sopravvissuta, una vittima di violenza. Sono una persona libera che è passata attraverso dei grossi casini». Anche in «911» (il numero telefonico per l’emergenza in America) miss Germanotta si è guardata dentro. «Parla degli antipsicotici che prendo. Non riesco sempre a controllare quello che fa il mio cervello, e quindi devo prendere dei medicinali». Questa volta, sempre parole sue, è la musica «che mi ha curato».

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