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Riabilitazione, Camerota (Umberto I): “Le vibrazioni incrementano la motilità”

Per capire l'evoluzione di questo metodo, la Dire ha intervistato il professor Filippo Camerota, fisiatra del Policlinico Umberto I di Roma

Pubblicato:16-07-2018 10:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:23

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ROMA – Restituire movimento e sensibilita’ agli arti di pazienti affetti da paralisi temporanee o malattie neurogenerative con una cura a base di vibrazioni. Lo permette la tecnica della Vibrazione meccanica focale, le cui applicazioni terapeutiche sono oggetto di studio sin dalla seconda meta’ dell’Ottocento, e che oggi rappresenta un riferimento nelle terapie riabilitative di malati e anziani. Per capire l’evoluzione di questo metodo, la Dire ha intervistato il professor Filippo Camerota, fisiatra del Policlinico Umberto I di Roma.

– Professore si parla gia’ da tempo di vibrazione meccanica e delle sue applicazioni in ambito medico. Ma quando e’ nata questa metodica?
“La vibrazione e’ un’oscillazione attorno ad un punto di equilibrio nata alla fine del 19esimo secolo con Jean Martin Charcot che la utilizzo’ nei pazienti affetti da Parkinson e si accorse che alcuni dei suoi pazienti che tornavano da fuori Parigi con il treno ritornavano in condizioni migliori. E allora lui pubblico’ un articolo che riguardava questa caratteristica. Gli studi veri e propri sono stati avviati negli anni 60, in particolar modo con il professor Bianconi un ordinario di fisiologia della Cattolica di Roma, il quale capi’ che la vibrazione muscolare focale interagiva con i fusi neuromuscolari e con dei microprocessori che sono all’interno dei muscoli e che servono per valutare il cambiamento della lunghezza degli stessi e in qualche modo il loro movimento. Strutture molto importanti con cui interagisce la vibrazione muscolare recepita da organelli. Per cui, attraverso l’utilizzo del diaphason utilizzato dai neurologici e che viene posto sulle prominenze ossee, lo specialista puo’ capire se la palestesia sia presente oppure no, altrimenti e’ indizio di patologie”.

– Queste vibrazioni vengono applicate anche in campo riabilitativo, puo’ dirci quali tipi di patologie possono essere trattate e con quali risultati?
“La malattia di Parkinson di cui abbiamo parlato forse e’ stata la prima patologia ad esser stata trattata da Charcot con una sedia vibrante. Oggi noi parliamo di vibrazione meccanica focale una vibrazione applicata ad un singolo ventre muscolare. Abbiamo iniziato col il trattare gli anziani e abbiamo proseguito con lo stroke e pazienti con i postumi di ictus e le paralisi cerebrali infantili, la sclerosi multipla ma anche le donne operate al seno di mastectomia. In questi casi e’ possibile trattare la porzione di piccolo muscolo pettorale e dei muscoli della spalla per migliorare l’attivazione di questo distretto che rimane in qualche modo bloccato con questo intervento”.
– La casistica parla di buoni esiti nelle cure non solo nel post acuto ma anche a distanza di mesi dall’evento. E’ cosi’ e perche’?
“Certo questo e’ estremamente importante e ci dice che la plasticita’ di cui tanto si parla, corticale ma anche midollare e’ qualcosa che avviene durante tutto il corso della nostra vita ed e’ attivita’ dipendente. In qualche maniera non e’ esattamente vero che la fine del recupero, per esempio dopo un ictus, si deve determinare a sei mesi ma c’e’ spazio per ulteriori miglioramenti. Nel caso in cui venga applicata una terapia sia di tipo riabilitativo sia di tipo strumentale con la vibrazione meccanica che ha un grosso connotato neurofisiologico, si e’ notato che puo’ migliorare la qualita’ della vita di questi pazienti aumentando la motilita’ e riducendo l’ipertono incrementando la possibilita’ di muoversi”.


“CON TRE SEDUTE DI VIBRAZIONI FOCALI MIGLIORAMENTI TANGIBILI”

Restituire movimento e sensibilita’ agli arti di pazienti affetti da paralisi temporanee o malattie neurogenerative con una cura a base di vibrazioni. Lo permette la tecnica della Vibrazione meccanica focale, le cui applicazioni terapeutiche sono oggetto di studio sin dalla seconda meta’ dell’Ottocento, e che oggi rappresenta un riferimento nelle terapie riabilitative di malati e anziani. Per capire l’evoluzione di questo metodo, la Dire ha intervistato il professor Filippo Camerota, fisiatra del Policlinico Umberto I di Roma).

– Lei ha ricordato come il metodo puo’ essere applicato anche agli anziani, quali sono gli esiti?
“Noi sappiamo ed e’ un problema di sanita’ pubblica che il numero degli anziani e’ in crescita. Con il passare degli anni l’equilibrio peggiora e questi recettori, che ci danno l’idea dell’equilibrio, diminuiscono con il tempo. Per questo la prevenzione delle cadute e’ un tema attuale di sanita’ pubblica. L’applicazione delle vibrazioni, in particolari relativo a distretti come il quadricipite femorale, in poche sedute e’ in grado di migliorare la postura di questi pazienti perdurando nel tempo e permettendo al soggetto di affrontare una terapia o un esercizio fisico adattato con relativa riduzione delle cadute”.

Esiste ad oggi un protocollo comune nell’uso delle vibrazioni meccaniche in riabilitazione?
“Questo e’ un argomento molto caldo perche’ la vibrazione focale, diversamente da quella applicata con un tappeto vibrante dove il paziente si deve sorreggere, ha un utilizzo maggiormente utile per pazienti che non possono tenere una posizione di questo tipo. Nel protocollo che utilizziamo noi, sono necessarie tre sedute e cio’ rappresenta un apprendimento associativo che proviene dalla neurofisiologia. La capacita’ di avere un programma che sia attivo in pazienti acuti che sia verificabile e che duri nel tempo ci sta facendo riflettere. Uno studio americano dimostra che c’e’ una fase uno dove si impiega quattro o sei sedute perche’ si verifichi un cambiamento, e una fase due che richiede un numero di sedute supplementari per raggiungere l’effetto desiderato e che duri nel tempo. Guardiamo dunque a questo progetto con molta attenzione”.

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