Perù: presto il processo per l’assassino di Nadia De Munari. La sorella Vania, “la giudice sta lavorando accuratamente”

“La sera del 20 aprile 2021 alle 9 ero sdraiato nel mio letto pensando che avevo bisogno di un cellulare da molto tempo, poi mi sono ricordato che nella casa dei bambini ‘Mamma Mia’ lasciano i cellulari all’ingresso delle camerette, ecco perché ho deciso di andarci perché è vicino a casa mia”. È iniziata così la deposizione di Moisés López Olórtegui, il reo confesso che si è reso responsabile dell’omicidio di Nadia De Munari, la missionaria laica dell’Operazione Mato Grosso, originaria di Schio (Vicenza), accaduto a Nuevo Chimbote (Perù). La confessione di colui che è stato, con quasi assoluta certezza, l’unico colpevole dell’assassinio, è stata riportata dal quotidiano locale “Ancash Dia”. Nadia De Munari è stata uccisa, dunque, per essersi casualmente accorta che una persona era entrata di notte nella casa “Mamma mia”. E l’uomo che l’ha uccisa lo ha fatto dopo esserci impadronito soltanto di due cellulari. “Una persona di sesso femminile – il suo racconto – ha urlato molto forte, sono andato nel panico e sono riuscito ad afferrare il martello ea colpirla in testa un paio di volte, si è coperta per evitare i colpi appoggiandosi gli avambracci in testa, lo so perché ho sentito il manico del martello ha colpito qualcosa di duro, poi è crollata sul letto con le braccia piegate sopra la testa”. Vania De Munari, sorella di Nadia, da Schio spiega al Sir: “Proprio nei giorni scorsi c’è stata l’udienza ‘di accusa’ a cui seguirà il processo. La nostra avvocata può fare poco dall’Italia, ma siamo fortunati che la giudice Sara Chira Tello sta lavorando accuratamente. Il reo-confesso è l’unico indiziato e rischia l’ergastolo. Prosegue la sorella della missionaria uccisa: “Ho parlato via Meet con la giudice e, allo stesso modo ho seguito l’udienza”.
Cristiano Morsolin, vicentino ed esperto di diritti umani in America Latina, commenta al Sir: “Ho conosciuto personalmente la missionaria Nadia de Munari, durante vari campi di lavoro nel vicentino durante gli anni ’90 con l’Operazione Mato Grosso. La confessione dell’autore del crimine efferato è anche il risultato della pressione della società civile italiana in America Latina che ha indirizzato la richiesta di giustizia e verità, dalla sorella Vania e dalla cugina Katia, già assessore a Schio”. Morsolin ricorda l’importante presa di posizione dell’allora presidente del Congresso peruviano, Mirtha Vásquez, quella dei vescovi Ángel Francisco Simón Piorno (all’epoca vescovo di Chimbote, e ora emerito) e dello stesso primate del Perù, mons. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima, così come il riconoscimento locale per l’attività dell’Operazione Mato Grosso.

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