Lisetta Carmi è legata alla Sardegna come quei racconti che si scambiavano dalle finestre di casa, l’una di fronte all’altro, Maria Lai e Giuseppe Dessì quando abitavano a Roma, in via Prisciano. Paese d’ombre è nato così, pagina dopo pagina, tra parole sussurrate, esitazioni e ripensamenti, gioie e dolori condivisi in un clima di profonda amicizia.

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È UNA SUGGESTIONE letteraria anche quella che, nel 1962, porta Lisetta Carmi (Genova, 1924, vive a Cisternino) in Sardegna per la prima volta. In particolare a colpirla è la lettura dell’articolo della scrittrice nuorese Maria Giacobbe (più giovane di lei di quattro anni) intitolato Don Coco, uscito il 13 novembre 1956 sul settimanale Il Mondo di Pannunzio e poi confluito nel Diario di una maestrina. La comunità, il concetto di famiglia, il lavoro e la condizione delle donne, i rituali della tradizione, le realtà sommerse, i bambini e la scuola osservati e fotografati sempre in un’ottica di documentazione socio-antropologica con un approccio empatico che sollecita l’impegno sociale è l’imprinting autentico che ritroviamo anche nel percorso della mostra Lisetta Carmi. Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna 1962-1976.
La rassegna curata da Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini al Man di Nuoro (fino al 13 giugno 2021) è accompagnata dal volume edito da Marsilio che rispetto alla mostra, in cui sono incluse due sezioni storiche con il nucleo sui lavoratori del porto di Genova (1964) e i travestiti (1965/71), è focalizzato unicamente sui numerosi viaggi in Sardegna.
Un ampio corpus di foto in parte inedite che sono state stampate per l’occasione da negativi restaurati, ad eccezione di quelle poche già note tra cui le dieci immagini esposte alla Terza Biennale di Fotografia di Bollate 1965.
Con la sua estrema sensibilità Lisetta Carmi è entrata in punta di piedi in quel mondo antico che l’ha accettata senza esitazione. Del resto, essere accolta e accogliere è sempre stato nel suo karma, pensando all’impegno sociale e politico attraverso il mezzo fotografico e poi nella «vita successiva» di seguace dello yogi Babaji (prenderà il nome di Janki Rani) e fondatrice, nel ’79, dell’ashram a Cisternino in Puglia. Tornando però a quel primo viaggio del 1962 (anche Henri Cartier-Bresson in quello stesso anno visita Orani, Cagliari e Cala Gonone), la fotografa si reca a Orgosolo dove la vita è ai limiti della sopravvivenza e bussa alla porta di casa Piras.

LA FAMIGLIA DELL’ALUNNO Giovanni, soprannominato don Coco, che trasferiva nei disegni astratti le sue ansie di bambino di cui aveva scritto Maria Giacobbe. Precedentemente i Carmi avevano contattato la scrittrice per avere l’indirizzo dei Piras per inviare dei pacchi solidali. La Barbagia, quindi, come punto di partenza per raccontare con la Leica e la Rolleiflex genti, luoghi, natura: Irgoli, Nuoro, Orosei, Onifai, Ollolai, Calangianus. «In Sardegna sono stata varie volte, soprattutto ad Orgosolo e al nord – aveva affermato in Lisetta Carmi. Ho fotografato per capire a cura di Giovanna Chiti (Peliti, 2014), citazione riportata anche nella nuova monografia – Ci sono tornata per ‘amore’ e le mie fotografie lo dimostrano. Mi piaceva quella società arcaica e fiera, i pastori sui monti, le fabbriche di sughero a Calangianus, i boschi di corbezzoli, le masserie con le pecore e i cavalli, il pane carta-musica, Gramsci che era sardo ed è l’orgoglio dei suoi conterranei. A Orgosolo ho ancora tanti amici, persone speciali, con le quali ancora oggi – dopo tanti anni – ci sentiamo e ci amiamo».

TRA QUEI PRIMI SCATTI ci sono scorci di paesi tutti pietre e tegole tra vuoti e pieni, così come d’interni come quello che inquadra Mariantonia Manca e la figlia mentre impastano il pane carasu. Nella didascalia di una stampa per l’agenzia francese Snark International l’autrice precisa: «Vita dura e faticosa: la mamma, che ha messo al mondo dieci figli, ha solo 48 anni – guadagna 1000 lire per preparare e cuocere 20 chili di pane carta musica: 10 ore di lavoro».
Tornerà a fotografare anche nel ’76 le fasi della preparazione del pane a casa Piras. Solitamente le didascalie non sono semplici elementi di corredo nei reportage, però quelle di Lisetta Carmi alla meticolosa descrizione dell’evento aggiungono sempre una sua coinvolgente partecipazione. È così anche quando, nel ’64, fotografa un uomo con la coppola che, malgrado tutto, accenna a un sorriso. La didascalia riporta: «Luigi Bataccone è stato incarcerato a diciotto anni per un delitto che non aveva commesso ed è stato rilasciato a trenta con molte scuse. Dodici anni in carcere senza colpa. Oggi fa la guardia forestale».

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OLTRE A FESTE E CERIMONIE (dalla Candelaria al funerale del carabiniere Carmelo Natoli Scialli), il lavoro (tessitura, pastorizia, lavorazione del sughero, semina) e l’ozio (degli uomini), c’è sempre uno sguardo trasversale sul territorio. Quando, ad esempio, punta al cartello di una Porto Cervo in fieri, con i lavori che il giovane Aga Khan aveva affidato all’architetto Luigi Vietti, s’insinua il sospetto dell’operazione speculativa che avrebbe stravolto l’ambiente naturale della Costa Smeralda trasformandolo in antropizzazione forzata. La natura torna in tutta la sua forza dirompente nelle due serie realizzate nel 1976, sia in bianco e nero che con il Kodachrome.

A CARMI ERA STATO AFFIDATO l’incarico dalla Dalmine per la pubblicazione di due libri sul tema dell’acqua, uno in Sicilia e l’altro Sardegna. Solo Acque di Sicilia viene pubblicato nel 1977 con il testo di Leonardo Sciascia, l’altro materiale rimane nel cassetto fino ad oggi. In occasione dei due viaggi (ottobre e dicembre) la fotografa tiene anche un diario. «Buona polenta per colazione – scrive – Poi una corsa nella Valle sotto Nuoro per fotografare l’albero di aranci tutto solo e carico (foto a colori). Anche una foto di Orgosolo tra i fiumi (chissà se è venuta). Poi visita a Maddalena e fotografie alle bambine. Poi foto a Francesco di Mario e visita al forno alla mamma di Peppa e Mariangela. Poi con Graziano dal sarto a ritirare i pantaloni bellissimi. A casa e poi visita al camino fatto col legno di ginepro e foto al camino – bruttissimo. Poi alla nuova pizzeria della moglie di Mario e fotografia a Giacomo che fa le pizze (mandargliela ingrandita). A casa, visto film orribile e poi a letto – ottima dormita ma che freddo!». Annotazioni di luoghi fotografati, pellicole usate, cibi mangiati, spese sostenute, incontri previsti e inaspettati, insomma un microcosmo di momenti vissuti.