Come possono contribuire alla salvaguardia ambientale (in senso lato, come habitat complessivo) i luoghi in cui uno scrittore o pittore o altro artista ha vissuto? E’ una domanda non secondaria nel grande mare della trasformazione ecologica del mondo. Si pensi all’importanza delle locations cinematografiche oppure dei parchi letterari, tanto per fare un solo esempio.

COME PUO’ CONTRIBUIRE tutto ciò a salvaguardare storia e memoria dei luoghi, un impegno certamente non inferiore in questa lotta di trasformazione del vecchio modello di sviluppo? Nell’anno del centenario della nascita di Leonardo Sciascia, non si può che partire da lui per affrontare l’argomento e naturalmente i luoghi della amata e sviscerata Sicilia.

E LO STESSO SCIASCIA ci dà il là con due versi che più sciasciani non si può, posti come epigrafe sulla sua tomba a Racalmuto: Ce ne ricorderemo, / di questo pianeta. Senza dimenticare altri libri usciti in questo periodo, è l’editore Giulio Perrone a darci, con il breve ma denso volume di Antonio Di Grado e Barbara Distefano, In Sicilia con Leonardo Sciascia (pagine 100, euro 15), uno dei testi più interessanti sull’argomento che, tra l’altro, prosegue meritatamente il percorso nei luoghi degli artisti e scrittori della collana Passaggi di dogana.

INTANTO ASCOLTIAMO le parole di Leonardo Sciascia che non smentisce la sua fama di polemista anche su questo argomento: «Un critico letterario dei giorni nostri ha dichiarato che non riesce a capire come si possa legare ad un luogo una vita, e l’opera di tutta una vita; per parte nostra non riusciamo a capire come si possa far critica senza aver capito questo inalienabile e inesauribile rapporto, in tutte le sue infinite possibilità».

E BARBARA DISTEFANO, nel capitolo Dai luoghi comuni ai luoghi di Sciascia, mette subito il dito sulla piaga: «Quello che si offre in queste pagine è un sentiero per lettori stanchi del turismo di massa. L’itinerario proposto collega una selezione di luoghi siciliani che, oltre a caricarsi di senso nella vita e nell’opera di Leonardo Sciascia, ci permettono di riflettere su alcuni dei più resistenti luoghi comuni sulla Sicilia, proprio attraverso le pagine di uno scrittore troppo spesso usato per alimentarli».

E ANTONIO DI GRADO, nel saggio Dall’isola al mondo (e ritorno), ribadisce: «Quando Sciascia rivisita, tra romanzi e saggi, la sua Sicilia – i paesi lombardi dell’ennese come quelli etnei, la Palermo dei gattopardi come la Catania dei galli brancatiani, la Sicilia arabo-normanna tragediatrice come l’iblea provincia babba (vale a dire: civile, fino a ieri incontaminata dalla tabe mafiosa) – è appunto un anelito di rottura e di riconfigurazione a guidarlo, un sogno di vederla diversa la sua terra». E prosegue: «Perciò, se è di Sicilia che parliamo, dobbiamo fare i conti con la geografia dei luoghi che hanno nutrito e variato quel rigoglioso immaginario, come a proteggere un sogno dalle offese di una storia inevitabilmente prevaricatrice e dagli scempi di una geografia violata, degradata, omologata».

E SI DIPANA IL VIAGGIO tra il rapporto «contrapposto» tra Sciascia e il mare, la contraddizione tra luoghi visti con gli occhi di un intellettuale europeo e invece il provincialismo in cui lo si è rinchiuso spesso, la Racalmuto e il silenzio del suo cimitero, la Palermo di Palazzo Steri (ex sede dell’Inquisizione con i suoi graffiti), i fiumi quasi scomparsi come l’Azzalora, la zona etnea – per Sciascia «isola nell’isola» – e il rapporto con il vulcano (con l’Emmaus Hotel, ispirazione di Todo modo), la miniera di zolfo «del Bambinello», Santa Croce Camerina e la fuga dei migranti dai paesi, la risorsa-acqua eternamente sprecata. E poi naturalmente i giacimenti del sale da cui si estrae gran parte del salgemma nazionale.

NON TUTTI I «LUOGHI di Sciascia» sono tenuti in modo appropriato, anzi. Perciò un libro come questo diventa, tra l’altro, molto utile per aiutare a salvarli dal degrado, «ridisegnandoli» e riconsegnandoli alla vita delle generazioni future.