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Prof pratese scopre proteina contro il Parkinson

Un laboratorio chimico
Un laboratorio chimico

Arianna Bellucci guida il pool di ricercatori: «Ora stiamo sviluppando le terapie per curare i pazienti agendo sulle cause»

12 agosto 2018
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PRATO. C’è anche la pratese Arianna Bellucci, docente di farmacologia dell’Università di Brescia, nel pool che ha scoperto una proteina che potrebbe essere in grado in grado di bloccare il morbo di Parkinson. La proteina si chiama Sinapsina 3 e media il danno cerebrale alla base della malattia di Parkinson. A scoprirlo è stato un team di ricercatori dell'Università degli Studi di Brescia coordinato dalla professoressa Arianna Bellucci, associato di farmacologia dell'ateneo bresciano. I risultati dello studio - finanziato dalla Michael J. Fox Foundation e pubblicato sulla rivista scientifica Acta Neuropathologica - hanno dimostrato che l'assenza di Sinapsina 3 blocca la formazione dei depositi proteici cerebrali che innescano la morte dei neuroni dopaminergici del sistema nigrostriatale, processo alla base dell'insorgenza dei sintomi motori della malattia di Parkinson.

Tra gli autori del progetto di ricerca, durato più di due anni, figurano anche ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia, dell'Università di Padova e dell'Università di Lund in Svezia.

«Dopo aver identificato un accumulo anomalo di Sinapsina 3 nel cervello dei pazienti affetti da Malattia di Parkinson – spiega la professoressa Bellucci – ci siamo chiesti se questa proteina fosse implicata nella patogenesi della malattia e se potesse rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico. I risultati che abbiamo ottenuto indicano che la modulazione di Sinapsina 3 potrebbe veramente rappresentare una strategia terapeutica innovativa per la cura di questo disordine neurodegenerativo».

«Attualmente – prosegue la docente pratese – il nostro gruppo di ricerca sta lavorando intensamente in collaborazione con un team internazionale di ricercatori al fine di sviluppare nuovi approcci terapeutici attivi su Sinapsina 3. Questi ultimi ha concluso Bellucci - permetterebbero infatti di curare i pazienti agendo sulle cause primarie della malattia e non soltanto di alleviarne i sintomi».

Come avviene spesso in queste ricerche i ricercatori di Padova, insieme a quelli svedesi, hanno effettuato gli esami di laboratorio sui topi. Il risultato è stato stupefacente, anche se adesso si passa alla fase più difficile: la poossibilità di realizzare un farmaco verificandolo sui pazienti. “Spegnere” geneticamente la proteina sinapsina 3 nei topi, previene l'accumulo di depositi fibrosi, veri e propri 'detriti' che sono uno dei meccanismi alla base della malattia di Parkinson.
 

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