Politica

"Eletti estratti a sorte". Il delirio alla Ue di Grillo manda in tilt i 5 Stelle

Il guru vaneggia mentre il suo Movimento è dilaniato da lotte intestine tra le correnti

"Eletti estratti a sorte". Il delirio alla Ue di Grillo manda in tilt i 5 Stelle

Tra i Cinque Stelle volano i coltelli e Grillo si gode lo spettacolo demolendo quel che resta della democrazia rappresentativa e del Parlamento. All'indomani del risultato elettorale delle elezioni regionali, quella all'interno del Movimento non è una guerra per bande, ma una vera e propria implosione che spacca i grillini in cinque grandi rivoli. Ed è una nemesi particolarmente interessante: il soggetto politico che pretendeva di non avere leader grazie alla disintermediazione della rete e della piattaforma Rousseau, nel momento in cui si trova realmente, finalmente, senza leader (non ce ne voglia Vito Crimi) si avvicina pericolosamente alla scomparsa. Le reazioni elettorali, scomposte e contraddittorie, dei papaveri pentastellati hanno offerto una anamnesi chiara della schizofrenia politica che attraversa il Movimento. Il primo a parlare, anzi a festeggiare, è stato Luigi Di Maio. D'altronde, è innegabile, la vittoria del Sì al referendum è un successo grillino, ma forse ne è anche il capolinea, come sospettano in molti. Di Maio, tuttavia, non ha dubbi: si presenta davanti alle telecamere come se fosse il leader di un Movimento trionfante. Peccato che il capo politico sia Vito Crimi e peccato che i grillini siano praticamente scomparsi nelle urne regionali. Ma Giggino, ritrovato generale di un esercito senza truppe, ci mette la faccia gaudente. Dietro di lui scalpita Alessandro Di Battista che, con una punta di cattiveria e vendetta, cerca di spiegargli che si tratta della peggiore sconfitta politica dalla nascita del Movimento. Il suo accorato appello cade nel vuoto, ma nel contempo deflagra su giornali e tv come un rumoroso canto del cigno: esattamente quello che voleva Dibba. Perché lui sogna di essere il Che Guevara capitolino, il leader dell'ala movimentista di un movimento che non ha più voglia di muoversi, anzi ha un solo anelito: stare fermo, inchiodato alle poltrone che tra poco spariranno.

Il problema è che ormai, tra i grillini, non comanda più nessuno. Non comanda Davide Casaleggio, sempre più isolato nei suoi uffici milanesi e sempre più inascoltato dai suoi «dipendenti» romani. Insoddisfatto per gli insuccessi della piattaforma Rousseau e frustrato dai mancati versamenti e dall'irriconoscenza dei parlamentari da lui miracolati.

Tra Di Maio, Di Battista, Casaleggio - nel vuoto delle proposte - spunta persino la corrente, anzi ruscellino, dell'istituzionale Roberto Fico che incarna la proteiforme quintessenza - in tutti i sensi - del neospirito pentastellato. Ma, nella rissa totale, il rumore di fondo resta il delirio di un Grillo sempre più scatenato, rimasto l'unico frondista al movimento che porta il suo nome. L'ex comico non ha voglia di comandare, ma in compenso una gran voglia di far casino: al massimo dello slancio propositivo flirta con un vecchio arnese della sinistra come Goffredo Bettini e al massimo dello slancio rivoluzionario lancia i giornalisti di Del Debbio giù dalle scale. Ieri, collegato con David Sassoli al Parlamento europeo per un dibattito su «Europa, futuro e ambiente», non pago del risultato del referendum ha rinfocolato la ricetta sfascista: «Ho contribuito alla democrazia diretta, quindi non credo assolutamente più in una forma di rappresentanza parlamentare ma nella democrazia fatta dai cittadini attraverso i referendum». E ancora: «Alle elezioni ormai ci va meno del 50 per cento, è una democrazia zoppicante. Si cominciano a prospettare scenari come l'estrazione a sorte, perché no? Perché non posso selezionare una persona con certe caratteristiche?». Democrazia diretta, estrazione a sorte, cittadini catapultati alla guida di importanti ministeri? Ci ricorda qualcosa. Avvisiamo il visionario Grillo che un'anticipazione della sua visione di democrazia diretta la abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni: il suo stesso Movimento. Quello che sta implodendo.

Insomma, una ricetta da non ripetere: un conto è sfasciare il proprio giocattolo, tutt'altra cosa distruggere un Paese.

Commenti