Covid, social, politici modesti
da qui viene l’astensione

risponde Aldo Cazzullo

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Caro Aldo,
due miei colleghi hanno fatto il presidente di seggio e il segretario per le recenti elezioni amministrative. Mi hanno detto che gli under 25 non si sono presentati al voto, tranne qualche diciottenne felice della novità di poter votare. Non so se questa disaffezione è per tutta Italia o se è solo della cittadina dove lavoro (Larciano, in provincia di Pistoia), mi fido di quello che mi hanno detto i colleghi. E mi rattrista assai. Come vedeva lei la politica da giovane uomo? E come si può fare perché i giovani capiscano che un po’ di loro impegno può fare un gran bene alla società tutta?
Marco Sostegni

Caro Marco,
La politica degli anni 80 onestamente non era esaltante. L’Italia era ancora la Repubblica dei partiti. Si tracciava la croce su un simbolo, e poi se la vedevano loro. Tuttavia votare era ancora considerato un dovere (anche se molti lo facevano per ragioni clientelari). Era tempo di affluenze sontuose, da 90 per cento. In tutta Europa la tendenza è all’aumento dell’astensione. La responsabilità ovviamente è dell’offerta politica; ma un po’ è anche degli elettori. Teniamo conto che in Francia i seggi chiudono alle 20, in Germania alle 18; solo da noi si vota pure il lunedì. Generalizzare è sempre pericoloso, e la cosa non riguarda solo i giovani; ma nell’era della Rete, un gesto anonimo come il voto ha meno appeal di una polemica pubblica. Tanti hanno la sensazione di essersi già espressi sui social, di aver già detto la loro, senza bisogno di andare ai seggi. E la parolaccia sulla scheda, il voto-sberleffo per Cicciolina, la provocazione tipo fetta di salame infilata nell’urna con la scritta «mangiatevi pure questa» (è accaduto) sono gesti ampiamente consumati nel dibattito digitale. Poi c’è l’effetto Covid. Che non soltanto continua a spaventare, a dissuadere uscite e assembramenti al chiuso (e questo vale soprattutto per i più esposti, gli anziani, che tradizionalmente votano di più). La pandemia ci ha disabituato alla vita pubblica. Può aver contribuito a far perdere di valore a gesti che prima ci venivano spontanei e naturali. Questo non vuol dire che si voti meno a causa del Covid; se ci fossero partiti e candidati più credibili, ci sarebbero anche più cittadini alle urne. Ma il declino della vita sociale è un fenomeno che dovrebbe preoccuparci tutti.

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LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L'ingiustizia

«Milano, sulla movida si ascoltino i comitati di quartiere»

Caro Aldo, mi fa molto piacere che nella sua pagina si parli di movida (anche se questo termine è inappropriato per definire le serate «fuorilegge» milanesi ) che è ormai diventato un tema piuttosto importante e che coinvolge migliaia di residenti. Leggo (Corriere, 12 ottobre) inoltre che il Presidente Epam e Fipe (Associazione milanese e Federazione nazionale pubblici esercizi Confcommercio) ha siglato un patto con le istituzioni per le notti di movida. Ovviamente, come di solito accade, i comitati di quartiere non sono stati chiamati a parteciparvi nonostante l’incontro fosse noto e questo secondo me è davvero grave. I comitati di quartiere, è bene saperlo, a Milano sono numerosi e sono gli unici che possono dare oltre a informazioni dettagliate sul quartiere di riferimento, anche consigli su come intervenire e mediare in quanto abitanti in quell’inferno che viene definito «movida». Considerati dalle amministrazioni come «rompiballe», questi comitati ormai contano migliaia di iscritti in quanto l’area coinvolta dalla «movida» nella città di Milano è vastissima, non limitata ai famosi Navigli o alla zona MoscovaBrera. Oltre al Patto per la movida, il sindaco Beppe Sala si è impegnato nel dare una regolata alle notti milanesi. Io credo, però, che sarà difficile che vengano presi provvedimenti davvero risolutivi: il tema movida è sempre stato evitato in quanto il fattore economico è sempre stato (e sarà sempre) più importante del diritto e, ripeto, diritto al riposo dei residenti.
Ottavio Bertolero Comitato Garibaldi-Largo La Foppa Milano

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI - L'OFFERTA DI LAVORO

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GIOVEDI - L'INGIUSTIZIA

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