29 ottobre 2020 - 08:16

Mafia nigeriana, arrestato dj Boogie. Comandava a Padova, Vicenza e Venezia

Ferrara, 31 misure di custodia cautelare, 5 degli arrestati vivevano in Veneto. Gli affari? Droga ed estorsioni. Il «capo mandamento» era dj di musica afro beat

di Roberta Polese

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Emmanuel Okenwa, detto «Boogie»
Emmanuel Okenwa, detto «Boogie»

Il dj che governa il clan, la trafficante che chiede a Dio di non farla arrestare dalla Finanza, le invidie e le gelosie tra donne del narcotraffico, l’ordine, perentorio, di far venire i clienti a Padova, affinché nessuno mettesse le mani sui soldi. E infine la lotta tra bande rivali, per contendersi la piazza del Nord Italia.L’operazione «Signal» della squadra Mobile di Ferrara ha inferto un pesante colpo alla mafia nigeriana, un’associazione criminale la cui struttura organizzativa non ha nulla da invidiare a quella di Cosa Nostra, dove i circoli afro prendono il posto delle cascine sperdute nelle montagne per le riunioni segrete del clan. Trentuno misure di custodia cautelare sono state eseguite mercoledì, cinque degli arrestati risiedevano o comunque gravitavano tra Padova, Vicenza e la provincia di Venezia.

Il «capo mandamento»

Al centro degli affari droga, per lo più cocaina, ed estorsioni ai connazionali onesti, proprietari di piccoli negozi, costretti a pagare il pizzo ai capi che devono mantenere le famiglie e a pagare gli avvocati a chi viene arrestato. Il «capo mandamento» per Padova, Vicenza e Venezia si chiama Emmanuel Okenwa, detto «Boogie», dj di musica afro beat. Sotto di lui altri personaggi di calibro come Okoduwa Godspower detto «Dozen», applicato alla zona di San Donà di Piave e Musile di Piave, intercettate a suo carico centinaia di episodi di cessioni di droga, in alcuni casi anche in contesti drammatici come quello di una giovane studentessa colta da una pesante crisi di astinenza di cocaina. Inizialmente la polizia sospettava la coinquilina, ma poi è emerso che la tossicodipendente usava il telefono dell’amica a sua insaputa per chiamare il nigeriano. La stessa cosa ha fatto un altro ragazzo, che chiamava il suo spacciatore con il telefono della fidanzata per non farsi scoprire.

Un fermo immagine da un video della polizia per l’indagine sui traffici dei componenti della mafia nigeriana  tra Emilia e Veneto (Nucci/Benvenuti)
Un fermo immagine da un video della polizia per l’indagine sui traffici dei componenti della mafia nigeriana tra Emilia e Veneto (Nucci/Benvenuti)

Il ruolo a Padova

A Padova il ruolo centrale era ricoperto da Albert Emmanuel detto «Raska», che abitava a Vigodarzere. Dalla sua casa al civico 7 di via Lungargine manovrava chili di droga proveniente dall’Olanda con il tramite di giovani ragazze spedite all’estero a ingoiare cinquanta ovuli alla volta. Durante il viaggio di ritorno era stato predisposto che le trasportatrici bevessero litri di latte, in modo da provocare feroci mal di pancia tali da indurre a produrre gli ovuli rapidamente, con i clienti già pronti a prendersi le dosi e a portarle a casa. Una donna negli ultimi tempi si stava candidando a diventare il nuovo capo a Padova, si chiama Vina Ben, residente a Vicenza ma ben radicata all’ombra del Santo, da dove spediva in giro le amiche salvo poi sparlare di loro definendole «ladre». Era lei che chiedeva alla mamma in Nigeria «prega per me Dio perché la polizia non mi trovi» ogni volta che s’infilava in macchina con le ovulatrici e affrontava con loro il viaggio verso l’Olanda. Ed era sempre lei che imponeva ai «colleghi» uomini di far venire i clienti a Padova a prendersi la droga, in modo da tenere sotto controllo i soldi. In manette anche Peter Shellu ed Emiowele Endurance, altri due luogotenenti padovani e Akibege Favour detto «Popori» gravitante nella zona di Vicenza. L’operazione della squadra Mobile era partita da un violento fatto di sangue avvenuto a Ferrara nel 2018, un tentato omicidio di un giovane che fa parte del clan degli Eiye, in conflitto con quello dei «Supreme Viking Arobaga», guidato dal dj Boogie. In questa fase è stata scoperta la suddivisione gerarchica, con direttive impartite dalla Nigeria e associati vincolati al rispetto della segretezza, affiliati con riti tribali, durante riunioni alla presenza dei capizona, tra Brescia e Veneto. La droga veniva presa a Parigi e Amsterdam, grazie all’appoggio di connazionali appartenenti a una confessione protestante, da squadre di «corrieri» che rientravano in Italia attraverso i valichi del Monte Bianco e del Frejus. In un’occasione è stato intercettato un carico di circa dieci chili.

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