Barbagia, arcaica e golosa

di Carlo Alberto Bucci

Le sirene di Cala Gonone continuano ad attirare turisti verso il mare favoloso della costa orientale. Ma settembre è tempo di vendemmia e delle Cortes Apertas per bere e stare assieme nell'autunno della Barbagia. Addentriamoci allora nell'interno seguendo il filo rosso dei riti antichi e dell'arte del Novecento. A Mamoiada si iniziano a raccogliere le uve che daranno corpo al Cannonau delle cantine Sedilesu, Puggioni o della Zibbo, premiata all'ultimo Vinitaly. E sono 22 le case vinicole inserite nel percorso, anche enogastronomico, che propone il Museo delle maschere mediterranee. Al centro della collezione, forme e riti propiziatori dell'agricoltura che esplodono tra gennaio e marzo con il Carnevale, quando i Mamuthones sfilano per Mamoiada ricoperti di pelli d'animale, terrificanti volti neri e campanacci. Sono i tre elementi che unificano Italia, Croazia o Spagna in un arcaico, pagano Mediterraneo.

Il dipinto del 2009 sulla facciata del Museo è di Francesco del Casino, pittore senese protagonista dagli anni 70 del ciclo dei murales politici di Orgosolo, il paese del bandito Graziano Mesina. Il centro barbaricino che ha anticipato la street art cerca di scrollarsi di dosso l'etichetta del banditismo. Orgosolo punta sul canto dei suoi tenores e sui circa 200 murales che, su corso Repubblica, narrano storie di lotta: dalla Resistenza nelle parole di Emilio Lussu al Cile piegato dalla dittatura di Pinochet, alla tragedia di oggi degli sbarchi negati ai migranti.

In direzione nord-est si giunge a Oliena. Qui, sulle case ci sono invece le gigantografie degli scatti che dal 1955 Marianne Sin- Pfältzer ha realizzato nella terra che l'ha stregata ( la fotografa tedesca è morta a Nuoro nel 2015). E la mostra a cielo aperto inaugurata ad aprile restituisce l'immagine di un paese trasformato (o stravolto) dalla modernità: in via Cesare Battisti, però, si può vedere ancora, accanto alla foto in bianco e nero di un uomo col suo asino, una delle ultime abitazioni fatte di calce ed essenzialità.

Ad Oliena c'è poi un hotel, il Su Gologone, che è un vero e proprio museo privato sulla grande arte sarda tra le due guerre. Le suite sono a tema e la colazione si fa tra 200 ceramiche dei fratelli Melis. Si pasteggia poi, divinamente, tra i dipinti di Giuseppe Biasi e le sculture di Francesco Ciusa, mentre la saletta per i drink offre i magnifici pupazzi di Eugenio Tavolara.

Ultima, risolutiva tappa, la bella, grande Nuoro. Città prima di pastori e contadini, ora di borghesi, e patria di Grazia Deledda. Accanto alla chiesa della Solitudine dove riposa il Premio Nobel 1926, un'altra grande artista sarda, Maria Lai, nel 2011 ha realizzato un monumentale omaggio all'autrice di Canne al vento. Si tratta di un'opera d'arte ambientale simile, per intensità, alla piazza che nel 1967 lo scultore Costantino Nivola ha ridisegnato spostando a Nuoro pietre in granito e inserendovi bronzetti con la vita di Sebastiano Satta, " il poeta di Barbagia". Opere di Nivola (ad Orani c'è un importante museo a lui dedicato) e di Lai ( stessa cosa per lei ad Ulassai) sono conservate nel vivissimo Man, il Museo d'arte contemporanea di Nuoro.

Chiusi purtroppo al momento il Tribu (con le opere di Ciusa) e l'Archeologico ( ricco di capolavori d'arte nuragica), Nuoro può sfoggiare però il Museo delle tradizioni popolari dove, in un edificio anni 60 che sul colle S. Onofrio mima un ideale villaggio sardo, spiccano tessuti e abiti della straordinaria tradizione isolana. E, tra ricchi gioielli e povere ceramiche, ecco la più fragile, ma duratura, delle forme d'artigianato: i fantastici pani rituali della festa.

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→ In vetta Escursionisti su Montenovo San Giovanni, a Orgosolo; sotto, i tipici culurgiones e il pane di Desulo

k Folklore La maschera tipica dei Mamuthones