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Serbia, quattro su dieci a rischio povertà

Il 42% della popolazione contro il 28 della media Ue. Anziani, donne e Rom i più esposti

di Giovanni Vale
2 minuti di lettura
Una veduta di Belgrado 

ZAGABRIA. Il 42% dei serbi, quasi un cittadino su due, è a rischio povertà. È questo il risultato di un'inchiesta condotta dal Commissariato per la protezione dell'uguaglianza, un'agenzia statale indipendente fondata nel 2009. Stando al rapporto presentato dalla commissaria Brankica Jankovic, la Serbia registra un livello allarmante di abitanti a rischio povertà o esclusione sociale, soprattutto se si compara questo dato con quello relativo alla media dell'Unione europea, drasticamente inferiore.

Se all'interno dello spazio comunitario - prosegue la commissaria - le persone a rischio povertà rappresentano il 28% della popolazione, in Serbia sono soprattutto le discriminazioni a far precipitare le condizioni di vita degli abitanti. I gruppi più colpiti sono infatti le persone con disabilità, i membri della minoranza Rom, gli anziani e le donne (precisa Jankovic che «una donna su tre teme di perdere il proprio posto di lavoro»).

Per elaborare questi dati, l'agenzia statale serba si è basata sui parametri usati dall'Ue per le inchieste sul reddito e le condizioni di vita (Silc). Si tratta di una metodologia che permette di confrontare il livello di povertà e il "rischio di povertà" in società e Paesi diversi.

A livello di comparazione, dunque, si possono citare i numeri elaborati da Eurostat sempre sulla base dei criteri Silc e aggiornati al 2014. In Italia il numero di persone a rischio povertà o esclusione sociale supera di poco il 28%, mentre in Croazia e Slovenia sono rispettivamente al 29% e al 20% (la media europea nel 2014 era del 24%), una percentuale decisamente migliore rispetto a quanto pubblicato da Belgrado riguardo alla situazione in Serbia.

Soltanto la Macedonia, presente nella base dati europea (diversamente dalla Bosnia o dall'Albania), presentava per quell'anno un dato vicino a quello serbo, con il 43% dei suoi abitanti sull'orlo della povertà o dell'esclusione sociale.

Ma cosa significa questo dato in Serbia? Innanzitutto, va detto che la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è fissata a circa 30mila dinari al mese, ovvero poco meno di 250 euro al mese. Sotto questo tetto minimo si considera che il nucleo familiare non sia in grado di soddisfare alcune necessità di base come le spese per il cibo, l'alloggio, l'abbigliamento, le cure mediche, i trasporti e via di seguito. A essere ormai al di sotto di questa soglia (e dunque non più soltanto "a rischio") sono in Serbia più di 600mila persone, ovvero il 9% della popolazione.

«Se nelle grandi città possiamo parlare di un trend positivo e di miglioramento, nelle aree non-urbane, specialmente quelle non vicine all'autostrada o quelle colpite dalle inondazioni del 2014, la situazione è sempre più difficile», commenta Darko Tot, coordinatore nazionale della Caritas serba.

Il numero di persone povere - confermano le statistiche governative - è infatti doppio nelle zone rurali. Se negli anni Novanta la Caritas serba si occupava perlopiù del problema dei rifugiati e degli sfollati interni provocato delle guerre balcaniche, oggi sono soprattutto le persone anziane a richiedere aiuto.

«Moltissimi giovani hanno lasciato il paese e i genitori sono rimasti soli - spiega Darko Tot - Se a questo aggiungiamo poi i recenti tagli alle pensioni...». La situazione non è proprio migliorata dagli anni Novanta? «Difficile fare un paragone», risponde il coordinatore della Caritas, «a quell’epoca le persone facevano la fila fuori dai negozi ma questi ultimi erano privi di merci. Oggi i negozi sono pieni, ma mancano i soldi per comprare».

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