10 aprile 2021 - 20:30

Coronavirus, Locatelli: «Da tre settimane meno contagi, aperture meditate o si torna indietro»

Il coordinatore del Cts: «Puntare alle 500mila vaccinazioni al giorno non è un sogno. I furbetti? Indagare sui casi non chiari».

di Margherita De Bac

Coronavirus, Locatelli: «Da tre settimane meno contagi, aperture meditate o si torna indietro»
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Professor Franco Locatelli, perché si parla di plateau, l’epidemia è stata fermata?
«Per la terza settimana consecutiva c’è una riduzione della diffusione del contagio. Sono, infatti, in miglioramento sia l’incidenza cumulativa di tamponi positivi ogni 100.000 abitanti scesa al valore di 185 contro 239 della settimana precedente e il valore di Rt pure diminuito a 0.92 dal precedente valore di 0.98. Sono in ulteriore diminuzione anche i nuovi casi non associati a catene di trasmissione. Per la prima volta, questa settimana, per 3 giorni consecutivi si è ridotto il numero di pazienti in terapia intensiva». Ma per il coordinatore del comitato tecnico scientifico bisogna ancora stringere i denti.

Cominciamo a uscirne?
«Questi segnali indicano che, come atteso, le misure messe in atto hanno consentito di riportare la situazione sotto controllo riducendo la circolazione virale e la pressione sulle strutture sanitarie territoriali. Ma guai se pensassimo che siamo completamente fuori dal problema. Ci ritroveremmo alla situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici per l’intero Paese. Le aperture vanno certamente fatte per rispondere alla crisi economica e sociale, ma devono essere ben ponderate in funzione dei numeri».

Ci sono 2,5 milioni di dosi non attribuibili alle categorie prioritarie indicate come «altro». Furbetti?
«Guardiamo al futuro: è questo l’importante. Pensiamo a mettere in sicurezza le persone che corrono i rischi maggiori se infettate dal nuovo Coronavirus: i pazienti oltre i 60 anni d’età, in cui si concentrano più del 95% dei decessi, e coloro che hanno note di particolare fragilità per patologia concomitante. Nella categoria «altro» ci sono molte sottocategorie, come i pazienti fragili che non rientrano nelle fasce di età più alte e i loro conviventi, i detenuti, i donatori di sangue, il personale dei laboratori che analizzano i tamponi e molti altri ancora. Se poi vi sono state situazioni in cui qualche furbetto ha saltato la fila, è opportuno che venga fatta luce».

L’obiettivo dei 500mila vaccinati al giorno è un sogno?
«Quello che ha limitato maggiormente l’esecuzione di un numero maggiore di vaccinazioni giornaliere non è stato certo un’inadeguatezza nella logistica, distribuzione, organizzazione e somministrazione dei vaccini. Il fattore limitante è stato il numero di dosi disponibili inferiori a quelle che erano state pattuite. L’obiettivo dei 500mila vaccinati al giorno non è un sogno, è una priorità assolutamente raggiungibile se avremo le dosi che sono state previste».

Il vaccino di AstraZeneca viene rifiutato da 6 persone su 10. La gente ha paura, come recuperare la fiducia?
«Per dirla col direttore di Aifa, Nicola Magrini, lo slogan potrebbe essere dalla paura della cura alla cura della paura. È esattamente quello che dobbiamo fare: curare la paura in quanto immotivata. Il vaccino di AstraZeneca è in grado di proteggere assai efficacemente dal rischio di malattia grave e di morte».

Troppa confusione?
«Non è vero che si è generata confusione nell’indicare un uso preferenziale delle dosi di AstraZeneca nelle diverse fasi. All’inizio del suo impiego, pur essendo approvato per tutti i pazienti maggiorenni, i dati disponibili sull’efficacia nelle persone anziane erano limitati e per questa parziale incertezza se ne è consigliato l’uso preferenziale nei soggetti sotto i 55 anni d’età. Ma il profilo di sicurezza oltre questo limite d’età non è mai stato in discussione. Una volta disponibili dati di notevole efficacia anche negli anziani si è estesa la raccomandazione anche a loro. Devono avere assoluta fiducia».

Chi ha più di 60 anni deve accettare il preparato di AstraZeneca senza remore?
«Certo, la protezione dal Covid-19 è fondamentale. Non solo. Oltre i 60 anni d’età l’incidenza di trombosi dei seni venosi cerebrali (l’effetto avverso di cui si ipotizza un legame tutto da dimostrare con il vaccino, ndr) è da 5 a 10 volte più basso negli immunizzati con AstraZeneca rispetto al numero atteso nella popolazione di pari età. Infine, non vi sono evidenze per sconsigliare una seconda dose a chi ha ricevuto la prima senza problemi. Ad oggi non è stato osservato alcun evento tromboembolico dopo la seconda somministrazione. Se i dati cambieranno, se ne trarranno le dovute conseguenze. Il principio è sempre lo stesso ed è quello che deve guidare la scienza: fare scelte fondate sull’evidenza disponibile».

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