Comunali 2021, otto donne in lizza, nessuna ai ballottaggi: la «scomparsa» delle candidate sindache

di Claudio Bozza

Nei capoluoghi neanche una donna al secondo turno. E su 145 aspiranti primi cittadini in partenza ben 120 erano uomini

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Da in alto a sinistra, in senso orario: Virginia Raggi, Valentina Sganga, Layla Pavone, Alessandra Clemente, Elisabetta Barone, Rosetta De Stasio, Gloria Lisi, Alessandra Richetti

Su 8 città chiave al voto, laddove c’era una donna candidata sindaco, nessuna è arrivata al ballottaggio. È un quadro a tinte sempre più fosche, quello della partecipazione delle donne in politica. Roma, Torino, Milano, Napoli, Salerno, Benevento, Rimini e Trieste: qui, a parte qualche eccezione in centri più piccoli, nessuna è arrivata al secondo turno . Numeri alla mano, è la conseguenza scontata di un quadro di partenza scoraggiante: su 145 candidati sindaco nei 17 Comuni capoluogo delle Regioni a statuto ordinario al voto figuravano solo 25 donne: appena il 17,2% rispetto all’82,8% degli uomini (120 in tutto).

La più forte mediaticamente, per la sua visibilità, era Virginia Raggi, ma con il suo 19% e spiccioli è arrivata addirittura quarta, dietro Roberto Gualtieri, Enrico Michetti e Carlo Calenda. Ma per un’altra pentastellata, Layla Pavone a Milano, è andata ben peggio: appena 2,7% i voti raccolti. Male è andata anche per Valentina Sganga, fedelissima dell’uscente Chiara Appendino a Torino: 9% e addio sogni di gloria. Appena meglio, sempre tra le fila del Movimento, è andata per Alessandra Richetti a Trieste: per lei, però, solo il 3,4%. A Napoli Alessandra Clemente, fedelissima dell’uscente Luigi de Magistris, che dopo il doppio trionfo del’ex pm ha incassato solo il 5,7%. Sempre al Sud, Rosetta De Stasio, aspirante sindaca di Benevento per il centrodestra, si è fermata al 5%, dovendo fare anche i conti con una corrazzata come quella di Clemente Mastella. Mentre ha sfiorato il 9% Gloria Lisi (M5S), in corsa per guidare il Comune di Rimini.

«Queste elezioni lasciano l’amaro in bocca — commenta Martina Carone, analista di Youtrend —. I dati relativi alle candidature femminili sono molto bassi; ma se consideriamo tutti i Comuni, scopriamo che meno di un candidato sindaco su 5 era donna». E poi: «In vista dei ballottaggi le cose sono ulteriormente peggiorate: nei 10 capoluoghi che andranno nuovamente al voto, le donne in campo sono zero — aggiunge Carone —. Un dato che dovrebbe far riflettere, che dipinge un quadro desolante, risultato di dinamiche diverse: da un lato, un meccanismo di selezione della classe politica poco attento alle questioni di genere; dall’altro, c’è stata forse la tendenza a non candidare donne alla guida di coalizioni competitive nei Comuni. Queste elezioni, dopo tante parole, potevano essere una buona occasione per mostrarsi realmente attenti al tema. Invece sono state un’occasione persa: l’ennesima».

Un riequilibrio delle quote di genere, analizzando il dettagliato rapporto redatto dal ministero dell’Interno alla vigilia delle elezioni amministrative, si era verificato (ma solo teoricamente) nella corsa ai Consigli comunali, dove la presenza di candidate donne (grazie alla doppia preferenza) è normata da una regola precisa: un obbligo, insomma. Di conseguenza, su 13.281 candidati totali alle assemblee dei medesimi 17 Comuni capoluogo: le donne in corsa erano 5.956 (44,9%), mentre gli uomini 7.325 (55,1%). Ma anche su questo fronte, la partecipazione (in forze) delle donne alla vita politica è rimasta una chimera: perché, anche considerando il quadro più positivo della corsa alle assemblee cittadine, molte candidature femminili spesso si sono rivelate sono solo di facciata, giustappunto per rispettare la norma della doppia preferenza di genere. Proprio per questo, anche nei Consigli comunali, nonostante l’apparente riequilibrio, le elette sono state molte meno rispetto alle proporzioni di genere delle candidature.

6 ottobre 2021 (modifica il 6 ottobre 2021 | 22:55)