Matilde Gioli: «"Doc, nelle tue mani" lo dedico ai medici che si fanno il mazzo per noi»

Il medical drama, ispirato alla storia vera del dottor Pierdante Piccioni, arriva dal 26 marzo in prima serata (per 4 puntate) su Rai1. Tra i protagonisti Luca Argentero e Matilde Gioli che ci parla della serie e della le sue giornate in casa
Matilde Gioli «Doc nelle tue mani lo dedico ai medici che si fanno il mazzo per noi»

Un medical drama nuovo di zecca approda in prima serata su Rai1 (dal 26 marzo per 4 serate). La serie DOC. Nelle tue mani di Jan Maria Michelini e Ciro Visco*** ***, ispirata alla storia vera del dottore Pierdante Piccioni, ha come protagonista Andrea Fanti (Luca Argentero), un primario di medicina interna cinico e antipatico, che non chiama i pazienti per nome, ma professionalmente è impeccabile, autorevole e sicuro di sé. La sua vita cambierà radicalmente quando un trauma cranico gli procurerà la perdita della memoria degli ultimi 12 anni. Il medico rivivrà l’allontanamento dalla moglie (dalla quale era separato) e il lutto per il figlio Mattia (morto 10 anni prima a causa di un arresto cardiaco).

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Una bomba emotiva travolge il primario che verrà ricoverato nel suo reparto, dove ricomincerà la carriera dal ruolo di semplice specializzando, e dove, forse, riuscirà a riacquistare la memoria, proprio lì, nel microcosmo che conosce meglio. Al suo fianco ci sono i colleghi, gli infermieri, la direttrice dell’ospedale ed ex moglie, la figlia Carolina (che praticamente non riconosce più), la caposala e la dottoressa Giulia, interpretata da Matilde Gioli, con la quale aveva una relazione clandestina. Anche il loro rapporto ora è messo in discussione.

DOC- Nelle tue mani** inevitabilmete si trasforma in un omaggio ai medici che stanno lottando contro il Coronavirus.**

«Sono particolarmente emozionata perché il camice che indossiamo in questa serie assume un peso diverso con l’emergenza che stiamo vivendo», ci dice al telefono da Roma l’attrice milanese, «dedico la serie a coloro che si stanno facendo il mazzo per tutti noi. So cosa sta accadendo, ho tenuto contatti con alcuni dottori dell’Ospedale Gemelli che ho conosciuto durante il training per la fiction: si stanno prosciugando per gestire questa situazione assurda».

La tua famiglia come sta?

«Bene, per fortuna. Vivo a Milano, ma sono rimasta a Roma perché stavamo girando la serie che abbiamo dovuto interrompere (mancavano otto giorni al termine le riprese ndr). Quando hanno blindato l’Italia mi sembrava stupido ritornare a casa rischiando di alimentare la diffusione del virus. Non avevo motivi validi per spostarmi».

E invece c’è stato un esodo dal Nord a Sud.

«Non mi piaceva partecipare a quella corsa, è ovvio che vorrei tornare a casa dai miei, ma non mi sono mossa: mi sembra il momento di seguire le regole. È la cosa migliore, non solo per noi, ma anche per gli altri».

Come trascorri le giornate in casa?

«Tra libri, televisione e cucina. Sto leggendo L’Insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera, è da tempo che ci pensavo. In tv ho rivisto The Truman Show e mi sta facendo impazzire la serie islandese di Netflix I delitti di Valhalla. Adoro i gialli. Non a caso sono cresciuta a pizza e Tenente Colombo. Per la mia famiglia era l’appuntamento fisso della domenica sera: mamma e papà preparavano la pizza in casa e poi ci fiondavamo a mangiare in soggiorno davanti alla tv».

Hai mantenuto anche la passione per la cucina?

«Certo! In questi giorni mi sono messa a preparare il pane, una torta e dei sughetti, però sono brava anche con gli arrosti. ovviamente stando da sola ho ridimensionato le portate», ride.

Ritornando alla serie, come la collocherebbe tra i medical drama?

«DOC. è un E. R. del 2020, anche se non mancano dei punti di contatto con Grey’s Anatomy, soprattutto quando la storia sviluppa dinamiche sentimentali all’interno del team di dottori e infermieri».

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E il suo personaggio è uno dei detonatori della materia sentimentale.

«Sì, Giulia è innamorata di Andrea, ma anche professionalmente parlando. Lei è un medico che ha fortemente desiderato fare il suo mestiere e Andrea è stato la sua guida: ha imparato da lui l’aderenza poco empatica alla medicina. Dunque quando i pazienti e i dottori rimangono basiti di fronte a certe freddure del primario, Giulia comprende quell'atteggiamento, sa che dietro c’è la volontà di curare al meglio nonostante la modalità severa».

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