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Il semestre nero del Cuoio: il Covid fa crollare l’export di pelli e calzature

Nei primi sei mesi del 2020 l’export di pellami è crollato del 32% (foto d’archivio)
Nei primi sei mesi del 2020 l’export di pellami è crollato del 32% (foto d’archivio)

I due settori fanno segnare rispettivamente il -32% e -36%. Male pure la meccanica, si salva soltanto il farmaceutico

19 settembre 2020
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SANTA CROCE. Nei primi sei mesi del 2020, dai magazzini delle concerie sono partiti verso l’estero un terzo di pellami in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Un crollo complessivo del 31, 9%, con punte che sfiorano il 50 verso importanti Paesi di destinazione come Francia, Cina e Hong Kong. Non va meglio alla calzatura però, dove l’export del primo semestre 2020 segna un calo del 36%, con punte addirittura del 60 verso Paesi non comunitari come Svizzera e Regno Unito. A dirlo sono i numeri dell’Istat raccolti dalla Camera di Commercio di Pisa per il tradizionale report dell’export pisano. Un quadro fortemente influenzato, ovviamente, dagli effetti della pandemia da Covid-19 sull’andamento dell’economia mondiale. Effetti che segnano la frenata più brusca proprio nel comprensorio del Cuoio, dove i settori di riferimento delle pelli e dalla calzatura, sommati fra loro, contribuiscono per circa la metà alla caduta dell’export pisano.

IL QUADRO

Complessivamente, infatti, da gennaio a giugno 2020 la Provincia di Pisa segna un –20, 4% di esportazioni rispetto al primo semestre dello scorso anno. Di questi, ben 6,71 punti dipendono dal settore conciario, dove il rallentamento delle vendite dei prodotti finiti e l’incertezza globale del mercato, di fatto, hanno ridotto bruscamente gli ordinativi di cuoio e pellami nelle concerie del Valdarno pisano. Una battuta d’arresto, come detto, del 31, 9%, con una perdita rilevante in mercati di riferimento come Francia (-44, 2%), Hong-Kong (-49, 2%), Spagna (-33, 9%), Cina (-51, 2%), Germania (-32, 5%) e Vietnam (-20%). Unica realtà in controtendenza, tra i Paesi più rilevanti, è la crescita segnata dall’esportazione di pellami in Corea del Sud (+46, 4%). Un dato che va praticamente a braccetto con quello della calzatura, dove il calo complessivo di esportazioni (-36,4%) pesa per 2, 12 punti sulla dinamica complessiva dell’export provinciale. In particolare risultano ridotte di un terzo le vendite negli Stati Uniti, del 64, 8% quelle dirette in Svizzera e del 59,8% quelle nel Regno Unito.

GLI ALTRI

Alla frenata del manifatturiero, poi, si accompagna quella di altri settori chiave dell’export pisano, a cominciare dalla produzione di cicli e motocicli che complessivamente segnano un calo del 17,1% (-3,74 punti sul dato complessivo provinciale), anche se con risultati contrastanti a livello geografico: al calo generalizzato delle esportazioni in Europa fa da contraltare il buon risultato nei mercati asiatici (+84% in Cina e addirittura +120% in India). Non va meglio alla meccanica in generale, che nei primi 6 mesi dell’anno lascia sul campo il 21, 2% rispetto allo stesso periodo del 2019, con una battuta d’arresto generalizzata in tutti i principali mercati e un’unica eccezione positiva legata alle macchine agricole. Un quinto di esportazioni in meno, poi, anche per il settore chimico: –20% per i prodotti legati alla chimica di base e –18, 2% per tutti gli altri prodotti, compresi quelli utilizzati nelle lavorazioni conciarie. In contrazione anche la vendita di prodotti di abbigliamento (-28, 8%), degli utensili (-19, 2%) e dei mobili (-17, 2%), così come la vendita di bevande (-10, 8%), con il vino pisano che perde bruscamente terreno nei mercati considerati più importanti.

IN CONTROTENDENZA

Unica accezione ad un quadro mai così desolante, neanche a dirlo, è rappresentato dalla farmaceutica, che di fatto raddoppia il valore dei prodotti esportati (+99, 9%) dando un contributo di +1,65 punti percentuali al risultato complessivo della provincia. Un risultato leggermente al di sotto di quello nazionale e regionale, dove il calo delle esportazioni si è fermato intorno al 15%. Nel caso toscano, tuttavia, come precisa la Camera di Commercio di Pisa, il dato appare meno drammatico solo grazie alla farmaceutica senese e soprattutto grazie alla provincia di Arezzo, con l’exploit della vendita di lingotto d’oro, intramontabile bene rifugio durante i momenti di crisi.

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