Dossier

Università, i dieci professori italiani emergenti dell’area umanistica

di Emanuele Coen   21 marzo 2023

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Linguisti, storici, archeologi, studiosi di nuovi fenomeni culturali. Ecco chi sono i docenti di cui sentiremo parlare nei prossimi anni selezionati dall’Espresso

Freddi e impietosi, i numeri non lasciano spazio all’interpretazione: l’università italiana non è un pianeta per giovani. E poco, non abbastanza, per donne. Secondo le ultime statistiche del Miur, l’età media dei docenti degli atenei statali è pari a 58 anni per i professori ordinari, 52 per gli associati, e giù a scendere per ricercatori e assegnisti di ricerca. Quanto alla disparità di genere, gli uomini rappresentano circa il 60 per cento del totale, quasi tre su quattro tra gli ordinari. Ma c’è un altro dato interessante: per quanto riguarda l’età media, la situazione è sostanzialmente invariata negli ultimi vent’anni. Chi sono i professori universitari emergenti, i trenta-quarantenni di cui sentiremo parlare nei prossimi anni? Viaggiando da Nord a Sud, L’Espresso ne ha incontrati quaranta, tra ordinari e associati. Un’inchiesta, una galleria di ritratti, non una classifica ma la fotografia di una generazione di filosofi, linguisti, storici, letterati.

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GIULIA ALBANESE. Veneziana, 48 anni, insegna Storia contemporanea all’Università di Padova. Professoressa ordinaria, allieva di Mario Isnenghi, uno dei più autorevoli storici italiani, spicca nel panorama non affollato della sua generazione. Il cuore dei suoi studi è il fascismo e la violenza politica delle origini della dittatura, su cui ha scritto diverse monografie tra cui “La marcia su Roma” (Laterza). Analogie con l’epoca che attraversiamo? «Vedo anche molte differenze», dice Albanese: «Oggi le democrazie sono più solide di quelle degli anni Venti del secolo scorso».

CAROLA BARBERO. Docente ordinaria di Filosofia del linguaggio all’Università di Torino, 47 anni, il suo prossimo libro “Quel brivido nella schiena” (il Mulino), in uscita a maggio, mette a fuoco la differenza tra il linguaggio delle opere letterarie e il linguaggio ordinario, il nesso tra verità e significato, forma e contenuto, stile e autore. L’oggetto principale delle sue ricerche. I suoi maestri sono stati i filosofi Maurizio Ferraris e Alberto Voltolini, ha collaborato con la scuola Holden. «Ora è fondamentale lavorare sul linguaggio», dice la docente: «I dibattiti più interessanti riguardano l’“hate speech”, le parole d’odio in rete, e il linguaggio di genere. Bisogna ribaltare la prospettiva».

MARCO CUCCO. Rientrato nel 2018 in Italia dopo diciotto anni all’estero, soprattutto in Svizzera, Cucco, 41 anni, è professore associato di “Culture della produzione cinematografica” e altri insegnamenti al Dipartimento delle Arti di Bologna, il corso di laurea nato undici anni fa dal Dams, creato nel 1971 e lanciato da Umberto Eco e altri intellettuali, fucina di idee e fermenti. Un approccio nuovo, il suo, che analizza il cinema e la cultura dal punto di vista economico e industriale. «Nella tradizione italiana questi aspetti sono stati trascurati», dice il professore: «Oggi occorre guardare all’industria culturale con un’ottica nuova, per favorire l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro».

LUDOVICA MACONI. La sua missione si chiama ArchiDATA (archidata.info), ma per chi non frequenta l’Accademia della Crusca il nome non dice granché. In sostanza, il progetto a cui da anni si dedica Maconi, 38 anni, professoressa associata in Linguistica italiana all’università del Piemonte Orientale, consiste nell’aggiornare le “date di nascita” di parole e accezioni del vocabolario italiano. Finora ne ha retrodatate oltre 10mila, come si può vedere sul sito della Crusca liberamente consultabile, insieme ai tanti studenti e assegnisti che collaborano all’ambizioso piano. Insieme a Mirko Volpi ha scritto per Carocci “Antichi documenti dei volgari italiani”, premio Pavese 2022 per la saggistica. «La ricerca umanistica oggi è sempre più legata al digitale», dice Maconi: «Bisogna però sfruttare le risorse informatiche in maniera intelligente, senza cancellare il senso della Storia».

ANTONIO MUSARRA. Studioso esperto di storia del Mediterraneo e delle crociate, della navigazione e della guerra navale, tra i suoi maestri annovera storici di prim’ordine come Franco Cardini e Marina Montesano. A 39 anni, Musarra è professore associato di Storia medievale presso Sapienza Università di Roma; ha all’attivo diversi saggi su temi a lui vicini, tra cui “Le crociate. L’idea, la storia, il mito” (Il Mulino) e “1492. Diario del primo viaggio” (Laterza), in cui ripercorre, tappa dopo tappa, l’incredibile avventura di Cristoforo Colombo. Sfatando luoghi comuni e sottolineando imprecisioni (come, ad esempio, che le caravelle fossero tre, mentre in realtà erano due e una nao, una grossa nave commerciale). Ora lavora a “L’isola che non c’è”, un libro sulla storia delle isole immaginarie, che uscirà in autunno per il Mulino. E collabora al progetto di scavo archeologico del Santo Sepolcro, a Gerusalemme. «Da storico mi occupo, in particolare, dei testi di pellegrinaggio e della descrizione del sito e della città nel Medioevo», afferma. In preparazione, un altro libro per Carocci: “Gerusalemme e l’occidente medievale”.

DAVIDE NADALI. Il contesto eccellente aiuta: Nadali, 45 anni, è professore associato in Archeologia e Storia dell'arte del Vicino Oriente antico a Sapienza Università di Roma, nel Dipartimento di Scienze dell’Antichità, leader nel mondo secondo la classifica World University di QS. È vice-direttore della Missione archeologica italiana in Siria a Tell Mardikh/Ebla, un’area del mondo estremamente ricca dal punto di vista archeologico ma stravolta da guerre, saccheggi e terremoti. «Durante gli scavi un tempo era normale e comune avere stretti rapporti con le direzioni delle antichità locali», dice il professore, in partenza per Damasco: «Oggi è addirittura urgente e d’obbligo con la priorità di fare sopralluoghi per evitare che le cose peggiorino. E non c’è solo Palmira: il sito archeologico di Ebla, ad esempio, è stato trasformato in campo militare dalle bande affiliate ad al Qaeda». Tra i tanti temi, Nadali si occupa di arte, architettura e urbanistica di età neo-assira, della guerra nel Vicino Oriente antico e l’analisi della produzione e dell’impatto delle immagini nell’antica Mesopotamia. Ha curato con Frances Pinnock il saggio “Archeologia della Siria antica” (Carocci).

PASQUALE PALMIERI. Il dottorato sotto l’egida di Anna Maria Rao, luminare di Storia moderna, una lunga esperienza come professore di italiano e latino nei licei, due anni e mezzo negli Usa tra la California e Austin, Università del Texas, dove ha conseguito un dottorato di ricerca in “Italian Studies” con lo storico americano Douglas Biow, specialista del Rinascimento, diventato suo mentore. Palmieri, 44 anni, è professore associato di Storia moderna nell’Università di Napoli Federico II e si occupa di rapporti fra media, politica e società, didattica storica e divulgazione. Grande lettore di romanzi storici, storie ai margini, dalle corti ai bassifondi, ha pubblicato nel 2022 “L’eroe criminale. Giustizia, politica e comunicazione nel XVIII secolo” (il Mulino), mentre è appena uscito per lo stesso editore "Le cento vite di Cagliostro", biografia del celebre alchimista vissuto nel Settecento. «Il vero problema dell’università è l’inclusione», afferma Palmieri: «Registriamo un altissimo tasso di studenti che non frequentano i corsi. La vera sfida è coinvolgere gli studenti che lavorano o vivono in periferia».

PAOLO PECERE. Scrittore prolifico (oltre ai romanzi ha scritto anche il bel saggio narrativo “Il dio che danza. Viaggi, trance, trasformazioni”, per Nottetempo), divulgatore attraverso podcast, co-organizzatore del Festival “Filosofia in dialogo” in collaborazione con Università di Roma Tre, dove insegna come professore associato Storia della filosofia. È un personaggio eclettico Pecere, 47 anni, si occupa principalmente dei rapporti tra filosofia, scienze della natura e psicologia in età moderna e contemporanea. Laureato in Estetica con Pietro Montani, ha fatto poi un dottorato in Epistemologia. Nel 2016 è stato Fulbright Research Scholar alla New York University, il suo ultimo libro è “La natura della mente. Da Descartes alle scienze cognitive” (Carocci). «Mi sforzo di presentare la filosofia in relazione ad altre discipline come la fisica e la psicologia. Sono aperto al confronto con i saperi tecnici», spiega il filosofo: «Del resto Socrate chiedeva a tutti: “Raccontami la cosa di cui ti occupi”».

ANNA ROSELLINI. Una vita a metà tra Italia e Francia, dove è Maîtresse de conférence all'École d'Architecture de la Ville & des Territoires di Paris-Est. Professoressa associata di Storia dell'architettura nel Dipartimento delle Arti di Bologna, 45 anni, Rosellini si concentra sui materiali dell'arte, le mostre di architettura, le relazioni tra habitat e sostenibilità. «Nelle mie ricerche esploro la linea sottile che separa i fenomeni sociali-ambientali e l'architettura», afferma la docente: «Indago su come questi principi vengono rimessi in discussione». In particolare, Rosellini analizza l'evoluzione dello spazio domestico nell'habitat contemporaneo, anche in chiave femminista. «Oggi, con il modello orizzontale di famiglia, cambia l'organizzazione degli spazi della casa. Il ruolo della cucina, rispetto al passato, non è più il luogo in cui viene confinata la donna».

NICCOLÒ SCAFFAI. Allievo di Luigi Blasucci, tra i più importanti studiosi di letteratura italiana, autore di saggi fondamentali su Leopardi, a 47 anni Scaffai è professore associato di Critica letteraria e letterature comparate all’Università degli Studi di Siena, dove dirige il Centro Interdipartimentale di Ricerca Franco Fortini in Storia della tradizione culturale del Novecento. Si è formato alla Scuola Normale Superiore di Pisa, poi ha insegnato per quasi dieci anni Letteratura contemporanea all’Università di Losanna. Autore del saggio “Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa” (Carocci), il docente si occupa in particolare della relazione tra ecologia e letteratura al tempo dell'Antropocene. «Da un lato, il discorso ecologico si serve di strategie narrative, adottando costruzioni narrative tipicamente letterarie», dice il professor Scaffai: «Dall’altro lato, la letteratura trova nell’ecologia temi fondamentali come 'apocalisse e i rifiuti, e ispirazione per costruire a sua volta nuovi modi di raccontare».